Giovanni Paolo II in piazza S.Pietro

I movimenti ecclesiali

Una risorsa tutta da scoprire

«Era necessario che il quotidiano diventasse eroico»
(Giovanni Paolo II, Omelia per il centenario di San Benedetto, 23 marzo 1980)

la possibile funzione dei movimenti

Se davvero, come credevano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i movimenti sono una risorsa per la Chiesa e vanno accolti senza cercare di snaturarli, normalizzandoli in base a una logica burocratico-organizzativa, chiediamoci: quale potrebbe essere il loro compito, la loro funzione?

A questa domanda si è già accennato nell'esergo, con la necessità “che il quotidiano diventi eroico”, ma vale la pena approfondire la cosa.

1) I movimenti si collocano in perfetta sintonia col recupero della piena natura del Cristianesimo come Iniziativa del Mistero, dopo il riduzionismo moralistico e razionalistico che aveva caratterizzato il periodo “tridentino”.

In questo senso i movimenti sono in perfetta e totale sintonia anzitutto con la rinascita teologica portata avanti dalla Nouvelle Théologie, dai domenicani di Le Saulchoir, dal card. Newman, da Romano Guardini, per cui il Cristianesimo torna ad essere visto come Iniziativa di Dio e non (innanzitutto) come sforzo umano.

Ma la sintonia è totale anche con il Concilio Vaticano II, che appunto di quella rinascita teologica si è fatto autorevole attuazione.

Di conseguenza papi come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno operato per una convinta e cordiale valorizzazione dei movimenti.

2) Ma c'è una seconda flessione da sottolineare nella natura dei movimenti: oltre al, o meglio in conseguenza del, fatto di recuperare il primato dell'Iniziativa di Dio, i movimenti evidenziano coma la Chiesa non si riduce al clero e ai consacrati, ma si estende al laicato. Anche il laicato è Chiesa ed chiamato alla santità (Concilio Vaticano II), è chiamato a vivere e a testimoniare la bellezza del Cristianesimo. Cristo deve essere riportato nella quotidianità, non è “roba” da addetti ai lavori, da “specialisti del sacro”. Ancora una volta: il quotidiano è chiamato ad essere eroico. Perché è l'Infinito stesso, il Mistero a essersi fatto quotidiano, essendosi fatto Uomo, in Cristo.

Movimenti ecclesiali e ordini religiosi

analogie sì, ma fino a un certo punto

Un primo punto da chiarire è fino a che punto i movimenti ecclesiali rappresentino una novità rispetto a quell'altro fenomeno carismatico, da tempo presente nella vita della Chiesa, che sono gli ordini religiosi.

Si parla infatti spesso, nel mondo cattolico, di una analogia tra gli ordini religiosi e i movimenti ecclesiali fioriti nel '900. È innegabile, da un lato che si tratti, in entrambi i casi, di fenomeni carismatici. Tuttavia, d'altro lato, le analogie non vanno spinte oltre un certo limite.

I movimenti ecclesiali laicali nati nel '900, almeno nella interpretazione che ne davano i loro fondatori, sono ritenuti lo strumento con cui lo Spirito Santo è intervenuto per ravvivare la vita della Chiesa tutta, rendendo nuovamente vive delle dimensioni della vita cristiana che col tempo, soprattutto in età tridentina, erano andate appannandosi e logorandosi. La Chiesa tridentina in effetti era andata scivolando su posizioni che inclinavano pericolosamente in una naturalismo razionalistico e moralistico. Facendo così perdere il fascino del cristianesimo delle origini.

Che cosa significano tali analogie e tali differenze? In estrema sintesi

Diverse sensibilità nella Chiesa verso i movimenti

Questo va tenuto presente quando si parla de “la Chiesa”, come in espressioni quali «ce lo chiede la Chiesa». La Chiesa è una realtà misteriosa, divino-umana. Per cui l'azione effettiva di chi, nella Chiesa, occupa un certo ruolo, ad esempio di pastore, di guida, vede inevitabilmente una mescolanza di fattore divino, infallibile, e di fattore umano, fallibile perché condizionato da elementi particolarizzanti, come la storia personale, il temperamento, il contesto, gli incontri fatti e la propria libertà, ineliminabile in ogni essere umano, anche in chi occupa incarichi di responsabilità. Questo non deve né scandalizzare, né angosciare: lo stesso primo Sommo Pontefice, Pietro, ebbe i suoi limiti, temperamentali e morali, tanto che rinnegò «per tre volte» il Maestro.

Certo, quando un Pontefice impegna tutta la autorità conferitagli da Cristo, cioè quando definisce solennemente dei dogmi, egli gode della infallibilità. Lì il fattore divino emerge al suo massimo grado. E grazie a Dio, anche in documenti e scelte meno solenni, come le Encicliche, le sue parole vanno accolte con il massimo rispetto. Anche perché, grazie a Dio, abbiamo avuto ed abbiamo comunque dei Sommi Pontefici decisamente illuminati.

Ma non ogni presa di posizione di un Pontefice gode della stessa infallibilità di quando definisce solennemente dei dogmi. Il fattore umano ha una incidenza tanto maggiore quanto più ci si allontana dai grandi principi generali (dogmatici e morali) per scendere verso valutazioni e decisioni di tipo particolare e contingente. Tanto più se su tali valutazioni incidono Un esempio lapalissiano, relativo al massimo della particolarità contingente: un papa che guardasse alla TV una partita di calcio, in cui magari gioca la “sua” nazionale, e pensasse che l'arbitro abbia sbagliato a fischiare un rigore ai danni appunto della “sua” nazionale, potrebbe ben non essere infallibile in tale valutazione.fattori particolarizzanti.

papa Francesco e i movimenti

Di fatto, papa Francesco non ha dimostrato la stessa simpatia per i movimenti dimostrata dai suoi due predecessori. Non perché non creda nel primato dell'Iniziativa di Dio (che lui stesso sottolinea, addirittura inventando un neologismo: “primerea”) né perché voglia tornare a una visione moralistico-razionalistica pre-conciliare (lui stesso infatti indica nella gnosi e nel pelagianesimo due grandi pericoli); quanto piuttosto, proviamo a indovinare, perché la sua sensibilità “sociale”, e quindi fortemente egualitaria, lo porta a diffidare di tutto ciò che è, o almeno appare, elitario. E questo è un rischio che i movimenti effettivamente corrono (sentirsi i più bravi, in modo un po' possessivo), ma non appartiene alla loro intrinseca natura.