S.Teresa d'Avila
Nada te turbe, nada te espante
Quien a Dios tiene, nada le falta
Todo se pasa, Dios no se muda
La paciencia todo lo alcanza
Solo Dios basta.
🪪 Cenni sulla vita
S.Teresa d'Avila è una delle più grandi mistiche di tutti i tempi. Riformatrice dell'ordine carmelitano, nacque ad Avila il 28 marzo 1515, e morì ad Alba de Tormes il 15 ottobre 1582.
Lei stessa ci ha lasciato una autobiografia (scritta nel 1567), la Vida de Teresa de Jesus: in essa traspare l'animo della Santa, commoventemente semplice e umile.
La sua umiltà la spinge a una grandissima severità con sé stessa; in tale atteggiamento peraltro non si deve vedere affettazione o scrupolo, ma il riverbero del suo vedersi “in Dio”, che è l'infinita perfezione, per cui anche piccoli difetti le appaiono gravi. Per capire questo punto il curatore della edizione italiana della sua autobiografia fa il paragone con un bicchiere d'acqua pura, che sembra cristallino se viene guardato da una prospettiva normale, ma se viene messo controluce vi si possono notare delle impurità.
Tra le tante indicazioni che S.Teresa offre in tale scritto ci sembra importante sottolineare anzitutto l'importanza della preghiera, una preghiera che non si arresta davanti a nessuna contrarietà. Non bisogna astenersi dal pregare mai, per nessuna ragione. È il diavolo infatti che tenta di portare delle apparenti ragioni per distoglierci dalla preghiera, tra cui quella, usuale per la sua ripetitiva malizia, di una falsa umiltà, per cui l'uomo si percepisce indegno di pregare. Ora, è certo che siamo indegni, ma l'unico modo per esserlo un po' meno è precisamente quello di rivolgerci a Colui che, solo, ci può cambiare.
La santa fin da bambina provava un desiderio di eternità: con un suo fratello leggeva le vite dei santi, coltivavano il sogno del martirio nella terra dei mori
, e si eccitavano al pensiero della vita senza fine:
«Ci fermavamo spesso in questo pensiero, e godevamo di ripetere frequentemente: per sempre! Per sempre! Per sempre»
Teresa, una volta entrata nell'Ordine carmelitano, dovette affrontare molte prove, fisiche e spirituali. La sua salute divenne gravemente malferma, al punto che arrivò vicino alla morte, quasi interamente impossibilitata a muoversi. Ripresasi, miracolosamente, da tale grave condizione, dovette affrontare un lungo periodo di aridità interiore e di tentazione di mediocrità. Non abbandonò tuttavia mai del tutto la preghiera, finché cominciò a ricevere, nella preghiera, grazie mistiche sempre maggiori.
Ma anche a tal riguardo fu a lungo tormentata dal dubbio sulla provenienza di tali stati mistici, visto che i suoi confessori, amici e consiglieri spirituali le insinuavano più di un dubbio sulla provenienza diabolica di essi.
sottomessa alla Chiesa
Sempre Teresa volle essere sottomessa all'autorità della Chiesa, e dunque ai suoi direttori spirituali e confessori, per cui grande fu il conflitto interiore tra la sua intima convinzione che le sua grazie mistiche venissero da Dio, visti anche i buoni effetti che producevano nella sua vita, e i dubbi che le venivano instillati dall'esterno, anche da persone in buona fede e animate da ottimi propositi.
Importantissime furono la devozione a S.Giuseppe, che la Santa dice non aver mai mancato a una richiesta di grazia, e l'amicizia con il santo frate francescano Pietro d'Alcantara, che riconobbe in lei l'impronta inconfondibile di un carisma.
Una prova che dovette esser affrontata fu poi anche la scelta di fondare un nuovo monastero, la cui vita fosse al contempo più fraternamente semplice e più fervidamente rigorosa di quelli esistenti nell'Ordine carmelitano: fu il monastero di S.Giuseppe ad Avila, che le costò non poche sofferenze e contrasti, e da cui partì una complessiva riforma del Carmelo (anche in accordo con S.Giovanni dela Croce).
dottrina
Quella che possiamo chiamare la sua dottrina è interamente frutto della sua intensa esperienza, soprattutto di preghiera.
Abbiamo già detto della, fondamentale, indicazione di non smettere mai di pregare. La preghiera poi ha diversi gradi:
- la preghiera vocale è il gradino inferiore: si prega a voce alta, da soli o in coro;
- la preghiera di raccoglimento è il gradino successivo, il primo di preghiera mentale (non esprimentesi a voce); l'anima si raccoglie meditando e rivolgendo il proprio pensiero a Dio, tramite l'umanità di Cristo, soprattutto nella Sua passione;
- la preghiera di quiete vede un aumento della passività dell'anima (speculare ad un aumento della iniziativa di Dio): è soprattutto la volontà che riposa in Dio, mentre le altre facoltà restano ancora attive;
- la preghiera di unione, in cui la passività davanti all'attività di Dio riguarda anche l'intelligenza e si verifica una profonda unione, in Cristo, col Mistero.
La vita mistica può poi giungere a rapimenti ed estasi straordinari, relativi non solo a Cristo (non immediatamente, almeno): la Santa riferisce di aver avuto modo di vedere e parlare con anime defunte, e di averne viste alcune salire al cielo, racconta anche di visioni di diavoli (che Dio permette per rafforzare il timore dell'inferno), come pure di visioni della gloria e della maestà di Dio (nel cap. 40 dell'autobiografia).
Inseparabile dal cammino della contemplazione è il progresso nella vita quotidiana, l'amore a Cristo sempre più concreto e intenso.
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Un testo di S.Teresa è stato musicato da Laura Vitale, Desiderio del cielo (“Moro perché non moro”).
Ecco il testo
MORO PERCHÉ NON MORO [testo S. Teresa d’Avila, musica Laura Vitale]
MI- SOL RE MI- Più in me non vivo e giubilo, DO RE MI- vivo nel mio Signor. MI- SOL RE MI- Per sé mi volle e struggomi DO RE SOL or per intenso ardor. SOL LA- Gli detti il cuore e in margine LA- MI- scrissi con segni d’oro: RE MI- moro perché non moro. Quanto è mai lunga all’esule quest’affannosa vita! Quanto mai duri i vincoli che m’hanno ormai sfinita! Mentre n’attendo l’esodo immenso è il mio martoro: moro perché non moro. MI- LA- MI- Vivo ma in me non vivo, LA- MI- RE e tanto è il ben che dopo morte imploro LA- MI- che mi sento morir perché non moro. Oh, com’è triste vivere lungi da te, mio Dio! Se amar è dilettevole, lungo sperar è rio. Troppo pesante è il carico, troppo Signor m’accoro: moro perché non moro. Quella che in ciel tripudia Quella è la vita vera; ma poiché invan raggiungerla senza morir si spera, morte, crudel non essere, dammi il Tesor che imploro! Moro perché non moro. Vivo ma in me non vivo, e tanto è il ben che dopo morte imploro che mi sento morir perché non moro.
Il testo è un adattamento ritmico, basato su una traduzione fatta da carmelitani italiani (cfr. Opere di S.Teresa di Gesù, Tipografia poliglotta vaticana, Roma 1977, pp. 1499-1501). Ed ecco l'intero testo originale spagnolo:
«Vivo sin vivir en mí, y tan alta vida espero, que muero porque no muero. Vivo ya fuera de mí, después que muero de amor; porque vivo en el Señor, que me quiso para sí: cuando el corazón le di puso en él este letrero, que muero porque no muero. Esta divina prisión, del amor en que yo vivo, ha hecho a Dios mi cautivo, y libre mi corazón; y causa en mí tal pasión ver a Dios mi prisionero, que muero porque no muero. ¡Ay, qué larga es esta vida! ¡Qué duros estos destierros, esta cárcel, estos hierros en que el alma está metida! Solo esperar la salida me causa dolor tan fiero, que muero porque no muero. ¡Ay, qué vida tan amarga do no se goza el Señor! Porque si es dulce el amor, no lo es la esperanza larga: quíteme Dios esta carga, más pesada que el acero, que muero porque no muero. Solo con la confianza vivo de que he de morir, porque muriendo el vivir me asegura mi esperanza; muerte do el vivir se alcanza, no te tardes, que te espero, que muero porque no muero. Mira que el amor es fuerte; vida, no me seas molesta, mira que solo me resta, para ganarte perderte. Venga ya la dulce muerte, el morir venga ligero que muero porque no muero. Aquella vida de arriba, que es la vida verdadera, hasta que esta vida muera, no se goza estando viva: muerte, no me seas esquiva; viva muriendo primero, que muero porque no muero. Vida, ¿qué puedo yo darle a mi Dios que vive en mí, si no es el perderte a ti, para merecer ganarle? Quiero muriendo alcanzarle, pues tanto a mi Amado quiero, que muero porque no muero.»
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