L'esistenza di Dio
il “senso religioso”
Dio: il Mistero
Occorre anzitutto stare attenti a usare la parola Dio perché spesso così facendo ci illudiamo di capire (/avere capito) tutto di Lui.
E questo danneggia sia noi, che in tal modo restiamo sordi a quanto di nuovo Lui (il Deus sempre maior) vuole sempre insegnarci attraverso la realtà, sia altri, che vedendoci così poco in ricerca, così chiusi nei nostri schemi, potrebbero essere condotti a detestare quel "Dio" che sarebbe nostro possesso.
Meglio perciò usare, se non sempre almeno spesso, il termine Mistero, che indica come noi, pur potendoGli essere familiari e affezionati, non Lo possediamo, ma dobbiamo sempre essere docili al Suo cenno, essendo aperti e attenti alla realtà, più che ai nostri schemi.
perché occuparsi di Dio?
Perché ognuno di noi è desiderio di felicità piena e stabile, e questa non può trovarsi nella vita presente, che è per molti aspetti bella e attraente, ma è anche segnata dal male (ingiustizia, egoismi, violenze, sopraffazioni, menzogne, superficialità, solitudini) e finisce inevitabilmente, e imprevedibilmente (non sappiamo «né il giorno né l'ora»), con quella cosa non certo bella e gradevole che si chiama morte.
Non è questione di essere ricchi o poveri, fortunati o meno: tutti sono segnati dal male, e tutti devono morire. Dunque non regge l'idea che il rivolgersi a Dio sarebbe una consolazione per gli sfortunati o i poveri: esiste una comune sventura, un comune scacco, e solo una imperdonabile superficialità può non vederlo.
Ma Dio esiste? La risposta della ragione
in positivo
In estrema condensazione, che Dio esista è attestato dall'esistenza della realtà, che è mescolanza di essere (e dunque non può essere ritenuta nulla) e di nulla (e dunque non può essere la pienezza dell'essere).
Se c'è la realtà, c'è la Realtà. C'è l'Origine della Realtà.
Se la realtà è ordinata, c'è l'Origine dell'ordine.
Se la realtà è bella, c'è la Bellezza piena e perfetta.
I filosofi cristiani hanno elaborato una serie di prove razionali dell'esistenza di Dio: si possono vedere le schede che ne presentiamo nel sito Cultura nuova, ad esempio la scheda su S.Tommaso d'Aquino, che ha dedicato particolare cura alla rigorizzazione dei tali argomenti razionali, ma più ancora la scheda sulle prove di Dio nel medioevo filosofico.
in negativo (se Dio non esistesse)
Si può avere una conferma della ragionevolezza della affermazione di Dio considerando a quali conseguenze vanno incontro coloro che ne negano l'esistenza.
negato il Senso, niente ha più senso
Dal punto di vista teorico negare Dio porta alle conseguenze che ben evidenziava il più lucido e coerente ateo che ci sia mai stato, Nietzsche: viene meno ogni centro, ogni punto di riferimento, ogni logica; risulta dunque impossibile, e questo lo aggiungiamo noi, qualsiasi autentico ragionamento, qualsiasi costruttività, qualsiasi affezione seria.
nota bene sul concetto di ateo
Come ricordava Maritain, non è detto che chiunque si definisca ateo lo sia davvero; come non è detto che chiunque dica di credere in Dio, ci creda davvero.
Che senso avrebbe ragionare se, non esistendo la suprema Razionalità, non esiste logica?
Che senso avrebbe costruire se, non esistendo il supremo Fondamento, tutto è a rischio continuo di totale, imprevedibilmente casuale, disgregazione?
Che senso avrebbe amare, in modo vero, quindi fedele e sincero, se l'altra persona non è che “un mucchietto di fosfati”, un'ombra sul ciglio del nulla eterno?
Che ragione c'è, una volta negato Dio, di essere buoni, veri, giusti, fedeli, sinceri, se non per un calcolato tornaconto, che mina alla radice ogni possibilità di un legame autentico e profondo?
storicamente: negare il Mistero, è negare l'uomo
Quello che una semplice riflessione rivela è stato tragicamente confermato dalla storia (collettiva) e ognuno lo può verificare anche nelle (piccole) storie quotidiane.
Quando l'umanità ha preteso di costruire una civiltà senza Dio e contro Dio, ha costruito una civiltà contro l'uomo, un inferno sulla terra, fatto di massacri in massa, di continua insicurezza e di sospettosità generalizzata, di violenze senza fine.
Il secolo senza Dio, il '900, ha visto la tragedia di tentativi fondati su presupposti ateistici: si pensi ai 40 milioni di morti per la Seconda Guerra Mondiale, e ai circa 200 milioni che secondo le stime del Libro nero del comunismosarebbero morti a causa dell'intransigenza ideologica di regimi comunisti, soprattutto quello sovietico sotto Stalin, o quello cinese, o quello di Pol-Pot in Cambogia.
Certo, crimini contro l'umanità sono stati e sono commessi anche in nome di Dio, per via di interpretazioni ideologiche della religione. Ciò è avvenuto perché non si credeva veramente in Lui, ma si pensava di possederLo, di avere capito tutto di Lui (come abbiamo detto sopra). In questo senso non è una vera obiezione all'esistenza di Dio, ma al modo, erroneo, fondamentalistico, con cui alcuni la pensano.
Obiezioni contro l'esistenza di Dio
Ma se è così, perché Dio viene negato? Le obiezioni alla Sua esistenza si riconducono a due grandi temi: uno, in negativo, a) l'esistenza del male e l'altro, in positivo, b) il desiderio di indipendenza assoluta.
a) L'esistenza del male
Si Deus est, unde malum?
si chiedeva S.Agostino. Certo, la sofferenza e le contraddizioni sono una apparentemente grave obiezione alla esistenza di un Essere creatore, che sia al contempo infinitamente buono e onnipotente.
primo livello di risposta, metodologico
Tuttavia una ragione che si concepisca, come soltanto è sano si concepisca, come coscienza di ciò che esiste, come apertura alla realtà (una ragione, ad esempio, che vedendo arrivare un leone nella giungla non gli dica: “tu non puoi esistere, perché non rientri nei miei criteri”), una ragione sana, anche psicologicamente sana, non antepone degli a-priori, ma parte dal dato, dal reale.
E dunque il dato fondamentale che la realtà esiste, non può essere scalzato da un ragionamento che, se svolto con coerenza, porterebbe a dire che la realtà non esiste.
Non è evidente che l'esistenza del male sia incompatibile con l'esistenza di Dio.
E' evidente invece che se Dio non esistesse, non esisterebbe la realtà, che invece esiste.
secondo livello di risposta, contenutistico
Che ci sia il male non è obiezione alla esistenza di Dio:
- in primo luogo, perché c'è un male in qualche modo inevitabile, quello che S.Agostino chiamava male metafisico, che non potrebbe mancare in una creazione che è imperfetta (non è l'Essere) e variegata al suo interno in vari gradi di perfezione (alcuni enti creati sono meno perfetti di altri);
- in secondo luogo, perché quel male che invece è evitabile è dovuto non alla Volontà del Mistero, ma alla volontà della creatura: è l'uomo a scegliere il male (quello che S.Agostino chiamava male morale), e da tale scelta derivano come conseguenza altri tipi di male, ossia la sofferenza, in tutte le sue forme, e la morte.
domande e risposte
Prima obiezione: perché Dio non impedisce all'uomo di commettere il male morale?
Perché Egli ha voluto creare un essere che fosse “a Sua immagine e somiglianza”, dunque libero, e non un automa che eseguisse automaticamente delle operazioni ripetitive. Il Mistero ha accettato il rischio della libertà. Lo ha fatto perché solo così il valore della sua creatura umana è davvero pieno. Ma creare un essere libero vuol dire necessariamente creare un essere che può dire non solo sì, ma anche no, cioè può commettere il male.
In ogni caso nella Sua infinita sapienza Egli sa “trarre del bene anche dal male”, così che S.Paolo ha potuto dire che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”: anche la crudeltà dei cattivi, anche le disgrazie. Così il peccato di Adamo viene chiamato Felix culpa, perché “ci ha meritato un Redentore così grande”, perché nella Croce risplende l'amore infinito di Dio per l'uomo, e al contempo la straordinaria stima per la nostra libertà.
Seconda obiezione: ma perché Dio, a cui la natura obbedisce, causa terremoti, inondazioni, uragani e altre sciagure?
Questa obiezione è certo grave, ma possiamo dire che in parte molte sciagure naturali sono ascrivibili al male dell'uomo (come spesso capita nel nostro tempo); ma forse anche perché, stante la condizione di lontananza dell'uomo da Dio e dunque di rischio gravissimo per l'uomo di dannazione eterna, Dio si trova per così dire costretto a richiamare l'uomo al suo limite (morale e ontologico) anche mediante questi mezzi estremi. L'uomo si crede Dio, e così rischia la dannazione eterna: Dio lo richiama a riconoscere di essere invece una creatura fragile, e così a volgersi a Colui che, Solo, può salvarlo. Che cosa è peggio: una sofferenza limitata nella vita presente, o l'eterna infelicità? Dio dunque opta per il “male minore”, un piccolo castigo temporaneo, per evitarne uno maggiore, la dannazione eterna.
b) il desiderio di indipendenza assoluta
Lo ha detto benissimo Nietzsche: se Dio esiste, non può esistere il SuperUomo, cioè l'uomo non può essere SuperUomo, cioè non può essere lui stesso Dio. La filosofia dell'800 e del '900 ha appunto perseguito la via della autodivinizzazione dell'uomo: da Fichte a Hegel, da Comte a Feuerbach e Marx, per giungere a Nietzsche, il delirio della presunta divinità dell'uomo ha incantato le menti di molti uomini del XIX e XX secolo, per venire alla fine scossa dalle tragedie del '900: le due guerre mondiali, i campi di concentramento e gli altri bei frutti dell'antropocentrismo ateo. Quando l'uomo ha voluto farsi come Dio, ha finito per distruggere sé stesso.
Del resto la rovina dell'umanità è cominciata proprio con quel peccato originale che è consistito esattamente nel voler essere come Dio: “eritis sicut dei”.
Eppure ogni essere umano coltiva un po' questo assurdo sogno (assurdo non perché l'uomo desideri trascendere la propria natura: che infatti è chiamata a diventare come Dio, ma per grazia, mentre la assurdità è pretendere di possedere da subito e con le proprie forze quello che Dio ci ha promesso di dare come dono). E per questo si ribella a Dio. E il modo più radicale per ribellarsi a Lui è negarne l'esistenza.
Il desiderio di libertà, peraltro, è assolutamente buono: solo che la vera libertà è nella dipendenza dal Creatore della nostra natura, che Solo sa quale è il nostro vero bene e Solo vuole la nostra compiuta felicità.
Voler essere indipendenti da Lui significa, ci piaccia o no, essere dipendenti da un Nemico maligno, che vuole il nostro male, la nostra eterna sofferenza. A qualcuno dobbiamo servire: o a Colui che ci ama e ci vuole liberi, o a chi ci odia e ci vuole suoi schiavi.
difficoltà di una “fede razionale”
La ragione dunque può arrivare con certezza a dire che Dio esiste. Ma nessun essere umano ha mai potuto vivere di una pura certezza razionale dell'esistenza di Dio: tale certezza, semmai uno ci arrivasse con l'uso della pura ragione si rivelerebbe fragile, perché senza una rivelazione Dio resterebbe talmente avvolto nella tenebra, e così poco di Lui potremo sapere, che in pratica nessuno resisterebbe nell'atteggiamento di una “incondizionata obbedienza a Lui”.
In tale situazione o si rinuncerebbe all'idea di Dio, in vista di un nichilismo di fondo, oppure si torcerebbe la apertura originaria, fatta di stupore e di disponibilità alla verità come più grande noi, ad una chiusura che ridurrebbe il Mistero a una propria misura limitata: si arriverebbe così all'idolatria, nel senso più ampio. Ognuno cioè si creerebbe un suo dio, secondo le proprie voglie e i propri schemi. Contraddicendo così la stessa essenza di Dio come Altro e Mistero.
Prova storica
Non a caso pochissimi sono stati nella storia coloro che hanno teorizzato una ”religione naturale”, puramente razionale. E quei pochissimi hanno totalmente fallito: nessuno li ha seguiti, e probabilmente nemmeno loro sono riusciti a mettere in pratica la loro idea. Ad esempio Voltaire, che credeva di avere finalmente scoperto chissà che geniale idea, arrivò, dopo il terremoto di Lisbona, a dubitare della stessa esistenza di Dio.
Per questo, l'unica possibilità che l'uomo ha per conoscere davvero e adeguatamente il Mistero è che questi si riveli a lui.
E' quanto vedremo parlando della rivelazione cristiana.
📚 Bibliografia essenziale
- Maurice Blondel, L'Action, Paris 1893, tr.it. L'azione, , ().
- Gustavo Bontadini, Saggio di una metafisica dell'esperienza, Milano 1938().
- Julian Carron, Dov'è Dio? La fede cristiana al tempo della grande incertezza (intervista con Andrea Tornielli), Milano 2017().
- Henri De Lubac, Sur les chemins de Dieu, Paris 1956, tr.it. Sulle vie di Dio, Paoline, Cinisello Balsamo ().
- Réginald Garrigou-Lagrange, Dieu. Son existence et sa nature, Paris 1914().
- Luigi Giussani, Il senso religioso, Milano 19661, 20032().
- Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Wissenschaft der Logik, 1812-16, tr.it. Scienza della logica, , ().
- John Henry Newman, Il cuore del mondo. Antologia degli scritti, Milano 1994().
- Blaise Pascal, Pensées, 1670 (postumo), tr.it. Pensieri, , ().
- Claude Tresmontant, Comment se pose aujourd'hui le problème de l'existence de Dieu, Paris 1966().
- Claude Tresmontant, Problèmes du christianisme, Paris 1980().
- Claude Tresmontant, Cristianesimo, filosofia, scienze, Milano 1983().
- Sofia Vanni Rovighi, La filosofia e il problema di Dio, Milano 1986().
Articoli
- Francesco Bertoldi, “Il senso religioso in Henri de Lubac”, in Communio, 1988, pp. 50/74 (vedi).
Su questo tema molto interessante è quanto dice il sopra citato Il senso religioso di don Luigi Giussani, testo dove è condensato il meglio del suo insegnamento al Liceo Berchet prima e alla Cattolica di Milano poi, in costante dialogo con le obiezioni che gli venivano fatte.
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